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Immagine del redattoreDott.ssa Marta Falaguasta

Mio figlio non mi ascolta!

Aggiornamento: 8 mar 2023

“È inutile parlare con lui o con lei... tanto non mi ascolta!” Molto spesso mi capita di sentire questo tipo di affermazioni da parte di alcuni genitori nel mio lavoro o anche al di fuori. La prima cosa che chiedo quando un genitore viene in consulenza da me, poiché trova questo tipo di difficoltà con il proprio figlio o figlia, è la seguente: “Come pone a suo figlio una qualsiasi richiesta o altro? Che tipo di tono utilizza?” I bambini, fin da piccoli, si nutrono di noi e delle nostre parole e sono molto sensibili anche al nostro tono di voce e alle nostre espressioni facciali. Vi è una spiegazione scientifica per questo: nel cucciolo dell’uomo, nei primi anni di vita, la parte limbica del cervello (quella più emotiva) è molto sviluppata e lavora in modo totalmente diverso dalla mente degli adulti. La modalità con cui viene espressa la richiesta è quindi molto importante per la ricezione o meno del messaggio. Si pensa erroneamente che per farsi ascoltare dai propri figli sia utile ed efficace usare un tono autoritario, condito magari anche da urla o rimprovero; oppure ci si rivolge ai bambini pretendendo l’ascolto mentre si è impegnati in altro e a volte si è addirittura ubicati in un’altra stanza, senza quindi che vi sia alcuna interazione facciale. Proprio come in qualsiasi altro tipo di rapporto, la comunicazione deve essere educata e rispettosa: avvicinarsi a loro mentre gli si parla, mettendosi alla loro altezza e guardandoli negli occhi, fa la differenza. Se mentre si parla con loro anche il nostro corpo è sintonizzato con il loro, la comunicazione diviene più fluida e l’ascolto più attivo in quanto si sviluppa attraverso molteplici canali: la voce, lo sguardo, la postura. I bambini hanno piacere di ascoltare quando ci si rivolge loro con amore e dedizione. Spesso la vita frenetica delle famiglie non permette questo tipo di attenzioni che però, se a lungo trascurate, possono davvero danneggiare la comunicazione e il dialogo con i propri figli, pena il rischio di non essere poi più ascoltati. Allora per il benessere psicologico di genitori e figli è consigliabile scegliere dei buoni momenti in cui dialogare favorendo l’ascolto che deve necessariamente essere reciproco, poiché i bambini imparano ad ascoltare solo se prima hanno imparato ad essere ascoltati. Nell’infanzia si ha scarsa consapevolezza del proprio pensare e un bambino non ascoltato perde fiducia nella propria capacità di pensare. Più si è ascoltati più si ha piacere di ascoltare; allo stesso modo più ci si sente compresi più si ha voglia di ascoltare richieste, suggerimenti, consigli, specie se arrivano dai propri genitori.






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