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Immagine del redattoreDott.ssa Marta Falaguasta

Pillola 6: Riconoscere stati di ansia

Ad ognuno di noi è capitato di provare, per periodi più o meno lunghi, stati di agitazione più o meno intensi che ci hanno in qualche modo destabilizzato e talvolta preoccupato.

Questa agitazione, nel campo delle neuroscienze, viene chiamata ansia.

L’ansia è un’emozione naturale di per sè, utile all’adattamento.Senza ansia e senza paura l’uomo infatti non sarebbe sopravvissuto ai pericoli.

Una certa dose di ansia è dunque utile ed efficace nella quotidianità quando ci troviamo di fronte ad alcune situazioni, ma in altre circostanze, quando diventa eccessiva, può bloccare la nostra persona e trasformarsi in panico.In una parola può diventare patologica.

Quando infatti quella sensazione di agitazione è protratta nel tempo e non tende a diminuire ma anzi ad aumentare, quando apparentemente non c’è nessun motivo per provare questo fastidioso stato di malessere, siamo con molta probabilità vittime dell’ansia cosidetta patologica.

E questo tipo di ansia può facilmente trasformarsi in panico.

Il panico può addirittura bloccarci nelle normali azioni quotidiane.

Questi malesseri spingono la persona, spesso sotto consiglio medico, a ricorrere ad una terapia farmacologica.

E all’inizio il farmaco indubbiamente aiuta, allevia l’agitazione.

Ma fermarsi all’assunzione di un farmaco quando si prova ansia è come continuare a prendere antidolorifici quando si ha un forte dolore ad un dente.

Gli ansiolitici, come le benzodiazepine, possono inoltre indurre dipendenza e assuefazione con il rischio che nel tempo la persona aumenta la dose nel tentativo di ricercare gli stessi effetti.

E quando poi il farmaco viene sospeso generalmente l’ansia torna a salire proprio come il dente che, se non viene curato, continua a far male.

Per curare l’ansia, anche nelle sue forme più lievi, non si può prescindere dalla psicoterapia: una cura fatta di ascolto e parole che, in tempi contenuti, restituisce alla persona uno stato di benessere duraturo nel tempo.

A cosa serve la psicoterapia?

A dare un senso allo stato di malessere o agitazione che si prova.

Durante gli incontri si cerca infatti di comprendere, attraverso domande mirate e l’interpretazione dei sogni, l’origine e la causa dello stato ansioso.

Ed una volta individuata l’origine, la persona, sotto il costante aiuto e sostegno del proprio terapeuta, vivrà la sua ansia con maggiore consapevolezza e lucidità fino a trasformarla successivamnte come un’emozione assolutamente utile e funzionale alla propria sopravvivenza.

L’ansia diventa in tal modo sana.

Laddove poi il terapeuta ne ravveda la necessità e, sentito il parere di un collega psichiatra, può consigliare anche una terapia farmacologica che indubbiamnte, in certi casi, può essere una valida alleata per la risoluzione del problema.

Più la relazione con il terapeuta funziona e soddisfa la persona, maggiori sono le probabilità di uscire definitivamente dallo stato ansioso.

Quindi è davvero importante sentire se ci troviamo a nostro agio con il professionista che ci troviamo di fronte.

La terapia deve dar voce e liberare le emozioni… solo in tal modo si restituisce l’integrità alla persona.

L’ansiaè un’emozione naturale di per sé utile all’adattamento. Basti pensare che, senza ansia e paura, l’uomo non sarebbe sopravvissuto e non sopravvivrebbe ai pericoli. Senza ricorrere ad esempi così estremi, si pensi all’ansia quale alleata nel momento in cui bisogna affrontare una prova, un esame, una situazione in cui è necessaria una notevole dose di attenzione e concentrazione. Una certa quota di ansia è dunque utile nella quotidianità, ma, in alcune situazioni, quando è eccessiva può bloccare l’individuo, trasformarsi in panico, in una parola, può diventare patologica.

L’ansia può essere espressione di un conflitto interno che va indagato per poi essere rielaborato: essa può rappresentare un segnale in risposta al quale l’Io mette in atto delle difese per impedire che pensieri e sentimenti inaccettabili giungano alla consapevolezza.

Dal punto di vista fisiologico, l’ansia si presenta attraverso un’attivazione neurovegetativa che riguarda il sistema limbico, la corteccia frontale orbitale, i nuclei vegetativi del tronco dell’encefalo e il SNA (simpatico e parasimpatico). La medesima attivazione fisiologica è propria anche della rabbia: dunque, a parità di manifestazioni somatiche, ciò che cambia è l’interpretazione cognitiva che viene data alla situazione che si sta vivendo.

In generale si può definire l’ansia come la conseguenza della sottostima delle proprie capacità di gestione di un evento e da una sovrastima della difficoltà dell’evento stesso.

Una definizione simile potrebbe essere attribuita anche alla depressione ma la differenza è che nell’ansia esiste la capacità di prevedere una soluzione, il soggetto è attivo nella ricerca di strategie di fronteggiamento della realtà, mentre i soggetti depressi non vedono vie d’uscita, sono, per così dire, rassegnati.


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